Le bonifiche del polo petrolchimico siracusano. Promesse e impegni mai mantenuti.

Di fronte all’evidenza di un fallimento totale della classe dirigente che ne ha retto le sorti per 30 anni e che ha svenduto il futuro di intere comunità, si assiste oggi a schermaglie futili tra bande comandate da capi mandria invisibili e lontani. Rimpalli, denunce, ripicche odiose tra chi da una parte assurge a nuovo martire o eroe moderno e dall’altra si manifesta come la nuova generazione di quella classe politica da cui ha ereditato la feroce sete di onore e prestigio.

La prima dotazione finanziaria per la riconversione dei siti industriali inquinati, tra cui il polo industriale di Augusta, Melilli e Priolo, risale al 21 dicembre del 2007, con la delibera Cipe n 166, che stanzia 3,9 miliardi di euro. Il 5 marzo 2008 si stipulò, al ministero dell’ambiente, un accordo di programma che impegna il Governo (Berlusconi) per 284,80 milioni di euro (da attingere dagli oltre 3 miliardi citati), la Regione per 274 milioni (presidente Lombardo con Pippo Gianni assessore all’industria) e il sistema delle imprese per 219,7 milioni. Il 6 marzo 2009, una nuova delibera Cipe annullò le risorse assegnate alle bonifiche. Il 26 marzo 2009, in un incontro al ministero dello sviluppo economico, si apprese che dei 26 siti industriali nazionali da bonificare, fra cui il nostro, solo 3 avrebbero beneficiato di 50 milioni di euro. La situazione restò stagnante fino al marzo 2011, data in cui l’allora ministro dell’ambiente siracusano Stefania Prestigiacomo affermò che per la bonifica del sito di Priolo c’erano 60,8 milioni di euro e 50 milioni della ragione, somme di cui si sono perse le tracce.

A queste cifre se ne assommano altre. Il consiglio dei ministri del 5 marzo 2008 ( la Prestigiacomo diventerà ministro dell’ambiente 3 giorni dopo) stipulo’ un accordo di programma per la riqualificazione e la bonifica del Sito Industriale Inquinato di Interesse Nazionale di Priolo per il quale fu stimato il costo complessivo di 778,5 milioni di euro. Una grande occasione di politica industriale. Oggi al netto di piccoli interventi di sbarramento, nessuna opera significativa di risanamento è mai stata realizzata e delle ingenti risorse stanziate si sono perse completamente le tracce.

Di fronte all’evidenza di un fallimento totale della classe dirigente che ne ha retto le sorti per 30 anni e che ha svenduto il futuro di intere comunità, si assiste oggi a schermaglie futili tra bande comandate da capi mandria invisibili e lontani. Rimpalli, denunce, ripicche odiose tra chi da una parte assurge a nuovo martire o eroe moderno e dall’altra si manifesta come la nuova generazione di quella classe politica da cui ha ereditato la feroce sete di onore e prestigio.

Tutti indignati, col capo ricoperto di cenere, e prostrati davanti a una miseria di cui non hanno colpe. Assenti colpevoli dai tavoli in cui si decide il futuro di un territorio la cui drammatica condizione è ciclicamente raccontata da narratori forestieri.

Pochi parlano di Zes ( zone economiche speciali), o meglio tacciano di fronte ai lauti interessi in gioco, la cui disputa sarà oggetto di lotte durante le prossime competizioni elettorali. Lavori al porto commerciale per milioni di euro. Enormi sgravi fiscali per le grandi aziende che investiranno. Strade, raddoppi dei binari ferroviari e cementificazione degli ultimi stacci di territorio non ancora compromessi dal polo petrolchimico, come le saline del Mulinello.

Intanto nei comuni e nelle giunte amministrative va in scena la solita vendita delle prebende. Giunte che cadono, consiglieri rancorosi, deputati nullafacenti che s’indignano. Sindaci che tradendo le proprie promesse elettorali si ergono a strenui difensori dello sviluppo economico del porto senza mai citare il progresso civile che dalle bonifiche delle aree dismesse delle raffinerie ne potrebbe derivare. Intanto ci si compiace di aver smantellato le tende di ricovero per le migliaia di vite umane sbarcate ad Augusta. Qui è tutto un caos dove la storia rincorre perennemente gli stessi fantasmi. Maschere mute in cerca di gloria.

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